Lo sapevi che il vento, secondo la leggenda, ha origine in una grotta dell’Umbria? A Cesi, oggi frazione di Terni ma un tempo Comune autonomo e prima ancora capitale della Terre Arnolfe che comprendevano tra l’altro San Gemini e Acquasparta, si intrecciano storie e leggende alimentate in un territorio che conserva il fascino del mistero. La leggenda vuole che sulle sue montagne si nasconda Eolo, il dio dei venti. Sarà veramente così? Andiamo a scoprirlo.
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La terrazza del Conca ternana
Che si salga da Terni o si arrivi dalla vicina San Gemini, quando si arriva a Cesi e ci si mette con le spalle al borgo, si apre una vista mozzafiato sulla conca ternana. Il borgo fornisce un punto d’osservazione molto suggestivo. E’ per questo che viene definito “la terrazza della Conca ternana” eppure ha una storia e una tradizione che sono tutt’altro che di “servitù” al capoluogo. Per la sua posizione che domina dall’alto la vallata e l’ampia visuale, nel Medioevo fu un centro fortificato molto importante in quanto riusciva a tenere sotto controllo un territorio esteso. Di quel sistema difensivo, Cesi mantiene ancora oggi le torri di avvistamento.
La leggenda, il monte Eolo e le grotte
Dal monte che sovrasta Cesi fuoriescono getti d’aria calda d’inverno e fresca d’estate. Secondo la leggenda scaturirebbero dall’azione di Eolo, il dio dei venti che dorme nelle viscere della montagna di Cesi. Non a caso il monte prende il nome proprio da questa divinità. Il fenomeno ha una spiegazione precisa: il massiccio che sovrasta il borgo è fatto di roccia calcarea che, nel corso dei secoli, e per effetto dei terremoti si è fratturata facendo entrare al suo interno l’acqua di superficie che a sua volta, nel corso dei millenni, ha scavato la roccia e creato diverse grotte. Da queste fuoriescono correnti d’aria e nell’immaginario si è ipotizzato che fossero la sintesi della lotta dei vari venti. Virgilio scrive che: “Qui in un vasto antro il re Eolo costringe ai suoi ordini i venti ribelli e le tempeste sonore, e in carcere e in ceppi li frena. Quelli fremono rabbiosi con grande strepito intorno alla chiostra del monte; Eolo siede sull’alta rocca, tenendo lo scettro, e placa gli animi e tempera le ire” (Eneide, I, 52-57, trad. L. Canali, A. Mondadori). Tra le grotte, la più conosciuta è la Grotta Eolia, ma in tutta la montagna si estendono delle cavità. Tra le altre, vanno ricordate la grotta Rosina, la grotta di Cricco, la grotta Genesis, la grotta del Diavolo e la grotta Rocchetta.
Nel cuore della grotta Eolia
L’ingresso si trova al centro del paese. Vi si accede da Palazzo Stocchi-Spada ed è visitabile fino a 150 metri di lunghezza. Conosciuta sin dai tempi dei romani, iniziò ad essere esplorata nel ‘600 con la costruzione di Palazzo Stocchi. Per tutto l’anno vi fuoriesce una importante quantità d’aria. L’ambiente, che mantiene una temperatura costante intorno ai 13 gradi, risulta fresco d’estate e caldo d’inverno. Potrebbe costituire l’ingresso basso di un sistema ipogeo che ha il suo accesso superiore a Sant’Erasmo o, più in alto, sul monte Torre Maggiore. Su entrambe le sommità esistono delle cavità da cui esce aria che potrebbero essere collegate con la grotta Eolia. Al suo interno viene il Duvalius Virginiae, un coleottero unico al mondo lungo circa 5 centimetri. La grotta è particolarmente suggestiva a Natale quando al suo interno viene allestito il presepe. Lo studio delle grotte è curato dal Gruppo Speleologico Terre Arnolfe Cesi.
Dalle viscere della terra al tetto del monte
Altrettanto affascinante come il viaggio nelle viscere della terra, è la scoperta della montagna. Salendo dal borgo fino alla sommità ci si imbatte in diversi siti archeologici. Appena sopra il borgo, dove si trovano i ruderi della Chiesa di Sant’Onofrio, si conservano i resti di una struttura poligonale che, più o meno all’altezza della chiesa, presenta una sporgenza quadrangolare che potrebbe essere stata la base di una torre di avvistamento. Più in alto si trova lo sperone di Sant’Erasmo, un sito d’altura fortificato tra quelli umbri conservati meglio. Le parti di mura meno danneggiate arrivano a un’altezza di 10 metri. Lungo la cinta muraria si riconoscono la presenza di due ingressi e una doppia porta di ingresso. Proseguendo la scalata verso la vetta, si arriva a 1120 metri d’altitudine in cima al Monte Torre Maggiore, il più alto della zona, che apre la catena dei Monti Martini. La sommità, che si presenta tondeggiante, conserva i resti di templi risalenti al VI – V secolo a.C. opera, con tutta probabilità di popolazioni umbro-naharke. Nell’area dall’estensione più ampia i Romani costruirono un secondo tempio. La zona fu frequentata anche in epoca volgare.