Al di là del nome, diverso a seconda delle zone in cu ci si trova, tra i primi piatti più gustosi e versatili dell’Umbria ci sono gli strangozzi o stringozzi, strengozzi… Si tratta di una pasta lunga a sezione rettangolare molto simile alle tagliatelle e ai tagliolini, ma, a differenza di questi, senza uovo e più spessi. Con il nome di strangozzi sono noti nel comprensorio folignate-spoletino ma sono diffusi in tutta l’Umbria come in tutta l’Italia, come prodotto agroalimentare tradizionale (PAT), fino a sconfinare in Romagna. Nell’Umbria settentrionale sono prevalentemente conosciuti come strozzapreti, nel perugino vengono chiamati umbricelli e nel ternano ciriole o anche, più vicino a Narni, manfricoli.
Nascono come prodotto povero della tradizione popolare che, secondo il disciplinare del prodotto agroalimentare tradizionale, va realizzato impastando farina di grano tenero, acqua e un pizzico di sale e stendendo a mano una sfoglia di circa 2 millimetri di spessore, che viene poi tagliata a strisce larghe circa 3/4 millimetri e lunghe circa 30 centimetri. Il prodotto viene realizzato anche artigianalmente da pastifici locali.
Sul perché vengano anche chiamati strozzapreti ci sono varie e colorite interpretazioni: una è legata alla somiglianza con le stringhe di scarpe che pare venissero usate dagli anticlericali per strangolare i prelati. Un’altra, forse sempre legata ai tempi dello Stato Pontificio, li riconduce ai preti, considerati dalla cultura popolare ghiottoni e soliti mangiarne con voracità fino allo sfinimento, di qui il nome.
Comunque li si voglia chiamare e ovunque li si trovi, gli strangozzi o umbricelli o ciriole sono una vera prelibatezza conditi con il tartufo pregiato di Norcia, i funghi porcini, gli asparagi di bosco oppure con il classico ragù. Da provare alla “norcina” con la salsiccia e latte o panna, “alla spoletina” o alla “ternana” con sugo di pomodoro, aglio, olio, pepe nero o peperoncino e un’abbondante spolverata di prezzemolo fresco tritato.
(Monia Rossi)