Esistono luoghi talmente surreali da sembrare usciti dalle pagine di qualche romanzo fantastico. La Scarzuola di Montegabbione è uno di questi, un vero e proprio sogno ad occhi aperti, nato dall’immaginazione dell’architetto milanese Tomaso Buzzi, che scelse i colli vicino Orvieto per realizzare la sua visione di Città Ideale.
La Scarzuola di Montegabbione non è un posto come gli altri, ma uno scrigno di architettura, simbolismo e arte visionaria nascosto nella natura, un luogo onirico dove i simboli profani si uniscono ai luoghi sacri originali del convento francescano su cui il complesso è nato.
L’origine della Scarzuola di Montegabbione
A guardarla oggi quasi non si direbbe, ma le origini della Scarzuola di Montegabbione sono religiose. Proprio in questa località, secondo alcune cronache medievali, San Francesco d’Assisi nel 1218 costruì una capanna, nel punto dove era sgorgata una fontana dopo che aveva coltiva la pianta palustre Scarza (da cui il nome Scarzuola). Per ricordare l’avvenimento, qualche anno dopo, i conti di Marsciano fecero costruire una chiesa e un convento, in cui si insediarono i Frati Minori.
I monaci rimasero a gestire il complesso fino alla fine del Settecento, per poi abbandonare gradualmente il complesso. Tutto cambia nella seconda metà del Novecento, quando un architetto milanese si innamora del terreno intorno al convento, e lo sceglie per realizzare la sua più grande visione: la Città Ideale.
La nascita della Città Ideale di Tomaso Buzzi
È il dicembre del 1957 quando l’architetto, progettista e arredatore Tomaso Buzzi firma il documento che lo rende proprietario dell’interno complesso di Montegabbione: non sa ancora precisamente che cosa ci vuole realizzare, ma sa che quel luogo gli trasmette qualcosa. Dopo qualche anno, ecco che arriva l’idea, la realizzazione di una “città ideale”, un luogo onirico che fosse allegoria escatologica dell’esistenza, raccontata con un linguaggio ermetico e simbolico proprio della nobiltà massonica del Settecento.
La costruzione della Città Ideale impegna tutta la vita di Buzzi, che dal 1958 al 1978 non fa che progettare e costruire tutte le parti del suo progetto, traendo ispirazione da varie opere già esistenti: Bomarzo, Villa Adriana, i visionari effetti ottici elaborati da Escher, solo per citarne alcuni. Il risultato è un complesso disorientante che mischia stili, elementi e ideologie diverse, volutamente di difficile comprensione perché, secondo Buzzi, la Scaruzola deve essere capita solo da “pochi infelici eletti”.
Lo stile e le caratteristiche della Scarzuola di Montegabbione
Camminare tra gli edifici della Scarzuola è come essere iniziati ai misteri massonici e culti esoterici, per via del fortissimo simbolismo che permea ogni elemento del complesso. Come nel caso del numero sette, per esempio, che si ripropone di continuo: sette sono i teatri, sette le rappresentazioni sceniche e sette i monumenti (Colosseo, Partenone, Pantheon, Arco di Trionfo, Piramide, Torre Campanaria e Tempio di Vesta), il tutto immerso in un giardino immenso.
Lungo il percorso si mostra continuamente la relazione contraddittoria tra il convento antico e un carico simbolico tipicamente profano, che allude a divinità pagane, pratiche esoteriche e concetti filosofici. Dal punto di vista architettonico, anche se è difficile incasellare l’opera di Buzzi in una sola etichetta, può essere descritta come il trionfo del neo-manierismo, espresso nell’uso di figure volutamente sproporzionate, scale e scalette di varie misure, edifici labirintici e line geometriche. Il risultato è un insieme magico, in parte fiabesco, in parte grottesco.
Com’è oggi
Alla morte di Buzzi, nel 1981, il suo grande progetto è realizzato solo in parte e rimane incompiuto. È qui che subentra Marco Solari, nipote dell’architetto: è lui a prendere in mano le redini della Scarzuola, e a terminare il lavoro rimasto per completarla. Da allora, Solari è proprietario, costruttore, custode, anfitrione e anima del complesso, che è diventata anche la sua residenza privata. È proprio lui ad accompagnare il visitatore in un percorso irriverente, onirico e folle.
Trattandosi di un luogo non pubblico, la Scarzuola non è sempre aperta: è necessario fissare in anticipo la visita contattando Marco Soleri e pagare il ticket d’ingresso di 10 euro (il Convento e la Chiesa non sono visitabili, perché abitazioni private). Per informazioni: www.lascarzuola.it
(Martina De Angelis)