L’Italia è piena di opere d’arte, ma esistono alcuni luoghi in particolare che non solo sono magnifici da vedere, ma rappresentano anche uno di quegli snodi destinati a cambiare tutto quello che c’è stato fino a quel momento. La Basilica Superiore di San Francesco d’Assisi è proprio uno di quei luoghi: dopo la sua realizzazione, l’arte italiana non è più stata la stessa. Qui, tra queste mura, si rinnovò la pittura italiana tra il Duecento e il Trecento, e non per niente l’interno complesso è stato riconosciuto Patrimonio Unesco per il suo valore immenso.
Ma andiamo con ordine. La Basilica Superiore è uno dei due corpi che compongono la Basilica di San Francesco ad Assisi, sorta per accogliere le spoglie mortali del Santo nel luogo che lui stesso indicò per la sua sepoltura. La prima pietra fu posta nel 1228 dal pontefice Gregorio IX appena due anni dopo la morte di San Francesco, e in soli due anni la Basilica Inferiore era già terminata. Per la Basilica Superiore, invece, ci volle più tempo e venne consacrata nel 1253. All’esterno, sulla piazza superiore da cui si accede alla parte alta della struttura, la chiesa colpisce per la sua relativa semplicità: realizzata con la pietra rosa del Subasio, ha linee romaniche e qualche elemento gotico. Ma appena varcato il portale d’ingresso, ecco che tutto cambia. L’interno della Basilica Superiore ha una sola navata divisa in quattro campate, ed è un vero tripudio di stile gotico, reso ancora più pregevole dalle vetrate duecentesche realizzate da artisti locali e maestri del Nord Europa. Quello che impressiona più di tutti gli elementi, però, sono le pareti interamente ricoperte di affreschi. Ed è proprio il momento in cui vengono realizzati, quando la storia della pittura in Italia cambia, trasformandosi in uno stile “latino” lontano dal precedente greco-bizantino.
All’inizio si decide di far lavorare una serie di maestri anonimi, ma presto è chiaro come non sia sufficiente per il progetto della grande Basilica. Allora la responsabilità degli affreschi passa a Cimabue: l’artista viene con i suoi collaboratori, unisce le forze a un gruppo di artisti di scuola romana, ed ecco che si compie la magia. Tutta la parte superiore della navata viene affrescata con opere d’arte uniche al mondo. Cimabue si occupa del transetto, in cui dipinge la celebre Crocifissione, le Scene dell’Apocalisse e le Storie di San Pietro, della volta sopra altare maggiore, dove rappresenta i quattro Evangelisti, e delle Storie di Maria sulle pareti. Lungo la navata, Cimabue e i suoi collaboratori lavorano con i pittori della scuola romana, e danno vita a un ciclo dedicato alle Storie del Nuovo e del Vecchio Testamento.
Giotto si unisce solo in un secondo momento, a partire dal XIII secolo. L’artista ha circa trent’anni all’epoca, ha acquisito uno stile proprio e una piena personalità, e la sua maturità artistica di vede non solo nelle decorazioni, ma anche nello stile e nello sviluppo narrativo della sua opera. All’inizio Giotto si occupa di dipingere una delle volte e alcune scene bibliche all’altezza della finestra, poi quando si sente pronto inizia il suo grande lavoro, la navata inferiore. Il risultato è una delle opere più preziose di tutta Italia, un ciclo di 28 affreschi in cui sono raffigurati gli episodi più importanti della vita di San Francesco, dalla giovinezza fino ai miracoli postumi. Ogni rappresentazione è incastonata in architetture dipinte, e ognuna di esse rappresenta una vera rivoluzione artistica, rompendo con la tradizione bizantina per dare vita a uno stile pittorico completamente nuovo.
(Martina De Angelis)