La Valnerina ha un rapporto molto stretto con la canapa, coltivazione che fino alla prima metà del Novecento era molto diffusa in tutta l’Umbria. In questa zona veniva seminata lungo le sponde del fiume Nera, in territori tutt’oggi chiamati le “canapine”, oppure nelle zone di alta montagna. Dopo un periodo di declino, la coltivazione della canapa è tornata a essere praticata alla fine degli anni Novanta, grazie ad associazioni di categorie che si sono impegnate a recuperarla, e a raccontarne la storia.
Nasce proprio in questa ottica il Museo della Canapa di Sant’Anatolia di Narco, inaugurato nel 2008 per trasmettere la storia della canapa, della sua coltivazione e della sua lavorazione, ma anche per far provare in prima persona l’arte della tessitura. Il Museo rientra nell’Ecomuseo della Dorsale Appenninica Umbra come antenna, cioè come un centro di raccolta e ritrasmissione del patrimonio materiale e immateriale, ed è stato completamente riallestito nel 2016 in modo da offrire un percorso più efficace e fruibile. L’esposizione si trova all’interno del cinquecentesco palazzo comunale di Sant’Anatolia di Narco, e illustra i temi della coltivazione e dello sfruttamento della canapa: durante il percorso potrete ammirare oggetti d’epoca molto interessanti, tra cui strumenti per la lavorazione e la tessitura della canapa gramole, fusi e rocche, aspi, incannatoi, arcolai e vecchi telai, e una raccolta di oltre 300 manufatti tessili locali che vanno dalla metà del XIX al XX secolo, donati dalle famiglie del luogo. Non manca anche una sezione di archivi, che vanta circa 800 riviste di moda e costume e una ricca raccolta di libri dedicati alla canapa e alle fibre tessili.
Dopo il riallestimento, è stato dato molto più spazio alle testimonianze multimediali e agli espedienti espositivi di carattere multisensoriali, in modo da rendere più semplice al visitatore scoprire le testimonianze, gli oggetti e la storia della lavorazione della canapa. Un esempio sono gli interventi di arte contemporanea, come quello dell’artista inglese Liliane Ljin: ha realizzato un’installazione, Spinning Dolls, che mostra in particolare un dei grandi temi del Museo, ovvero il legame del mondo femminile con la lavorazione tessile. Di grande fascino anche le video installazioni, in cui alcune persone del luogo raccontano con la loro voce i loro ricordi legati al mondo della canapa, descrivendo una realtà fatta di abilità, ingegno e tradizione.
Il riallestimento del Museo della Canapa ha visto un totale rinnovo dei laboratori di tessitura, tutti realizzati con una bioarchitettura in canapa e calce che ha permesso al Museo di ottenere il marchio Green Heart Quality. In questo modo, il complesso non è solo un luogo di cultura, ma un vero e proprio spazio creativo che vuole trasmettere concretamente la conoscenza della canapa, della tessitura e della lavorazione delle fibre tessili. Inoltre, il Museo della Canapa è anche un centro di ricerca, impegnato nella sperimentazione per utilizzare canapa, lana e tinture naturale in nuovi modi, con la volontà di creare una filiera tessile sempre più ecosostenibile. Per informazioni: www.museodellacanapa.it
(Martina De Angelis)